giovedì 10 agosto 2017

La cripta ossario di Camerlata presso Como: i Caduti italiani


Nella città di Como, presso il cimitero della frazione di Camerlata, esiste - sconosciuta ai più - un'importante e mesta testimonianza della Grande Guerra: un ossario che contiene i resti di quasi seicento militari italiani, oltre che di numerosi soldati dell'Impero Austro-Ungarico.

Il contributo che pubblichiamo, a cura di Edoardo Visconti, fornisce - in seguito all'analisi di tutte le sepolture presenti - uno sguardo d'insieme sull'identità dei caduti italiani che ivi riposano.
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Lapide posta all'ingresso dell'Ossario di Camerlata (foto di E. Visconti). 

L’ossario presente nella cripta sottostante la cappella nel cimitero di Camerlata, frazione del comune di Como, è al secondo posto per numero di Caduti ricordati dopo il monumento ai Caduti cittadino, con la principale differenza ed unicità di raccogliere, al suo interno, anche un cospicuo numero di soldati dell’esercito della duplice monarchia asburgica. 

Il volume Croci vicine, terre lontane di Giorgio Cavalleri, Nodo Libri, si occupa approfonditamente delle vicende dei soldati imperiali. Sulla falsariga di tale lavoro si prova a tracciare un ritratto dei soldati italiani. La fonte principale per le ricerche è stata dell’Albo d’Oro degli Italiani Caduti nella Guerra Nazionale 1915-1918, edito dal Ministero della Guerra. 

Durante la Prima Guerra Mondiale, la stazione ferroviaria di Como - San Giovanni è particolarmente importante per quanto riguarda il passaggio di vari convogli, provenienti dall’Austria e passanti per la Svizzera, utilizzati per lo scambio di prigionieri feriti dei due eserciti, sotto la supervisione della Croce Rossa internazionale. 

Le tradotte proseguono poi per Monza e Milano, ma spesso si fermano presso la basilica di Sant’Abbondio, dove -presso gli stabili del Seminario Maggiore - opera uno dei vari ospedali sussidiari creati all’inizio del conflitto. 

Nel corso dei quattro anni della guerra, purtroppo, molti di questi soldati non sopravvivono e sono tumulati nel cimitero periferico di Camerlata; anche in questa frazione sono presenti strutture ospedaliere. 

Subito dopo l’armistizio, per il forte desiderio di ricordare i Caduti, in ogni angolo d’Italia nascono dei comitati spontanei, anche di quartiere, per onorare i figli che si sono immolati per una più grande Italia. 
Anche la città di Como non è da meno. Con ancora la guerra in corso, nasce un comitato per la costruzione di un monumento cittadino che si attiva, tramite concorsi artistici e dibattiti, nella ricerca della zona ideale per il ricordo imperituro dei comaschi caduti. Già due anni dopo, invece, i comitati dei vari quartieri, con meno vincoli, iniziano a sistemare lapidi nelle varie chiese. 

Una data cruciale per la memoria dei soldati defunti è quella del 1930, nei giorni dell’anniversario della rivoluzione fascista, in cui, da anni, si posano le prime pietre o si inaugurano gli edifici pubblici. Particolarmente, in quell’anno, si pone la prima pietra del monumento ai Caduti, che ha finalmente una degna collocazione nella parte nuova della città dominata dall'architettura razionalista. 

A Camerlata invece si inaugura la cripta-ossario che con un paziente lavoro ha permesso di collocare, in una sede comune, tutti i Caduti dei due schieramenti, uniti dalla morte e per l’eternità.


Il portale d'ingresso alla Cripta-Ossario di Camerlata (foto di E. Visconti). 
Si tratta di 547 militari italiani. Ventidue tra questi trovano la morte prima del fatidico 24 maggio 1915. Non avendo trovato traccia di nessuno di loro nei 28 volumi dell’Albo d’Oro dei Caduti si possono fare solo delle ipotesi sulla loro storia. Si tratta di soldati combattenti nelle Argonne nei volontari italiani inquadrati nei reggimenti francesi o, magari, anche operai militarizzati utilizzati per rafforzare l’O.A.F.N. o Linea Cadorna, che nel tratto comasco passava molto vicino agli ospedali della zona di Camerlata. 

Facendo scorrere le lancette del tempo velocemente arriviamo al 4 novembre 1918, l’armistizio, la fine ufficiale delle ostilità; anche se effettivamente i soldati italiani furono poi attivi ancora per anni: nei territori occupati ex austriaci, nell'Albania, in Slesia, in Murmania (con anche un contingente tratto dal 67° Reggimento fanteria di stanza a Como) e in Libia. Il lavoro degli ospedali, però, non si interrompe: dopo quella data ben 144 soldati perdono ancora la vita, l’ultimo addirittura il 24 ottobre 1924. Purtroppo di lui si conoscono solo cognome, nome e data di morte. 

L’unico dato completo che è stato possibile raccogliere per la totalità dei feriti deceduti è quello presente sulle singole lapidi: la data di morte.

Analizzando questo dato, nei primi tre anni di guerra è presente un numero quasi costante di decessi compresi tra i 22 e i 35; nel 1918 i decessi sono incredibilmente 406, pari al 74% del totale. Difficile interpretare questo dato, si può ipotizzare un massiccio invio di soldati feriti presso gli ospedali cittadini, nei momenti successivi alla rotta di Caporetto che ha probabilmente causato l’evacuazione di tutti quei presidi ospedalieri che non sono stati compresi nei territori fulmineamente occupati dal nemico, ma che si temesse potessero essere travolti, creando un numero impressionante di prigionieri di guerra. Più difficile pensare si tratti di contagio di febbre spagnola, dato che i primi decessi confermati furono nella zona del fronte orientale nel settembre 1918. 

Già nel 1919 il numero dei decessi risulta crollato a 47, per poi scemare fino al 1924 con uno o due decessi per anno, addirittura nessuno nel 1920.

Il controllo dei nominativi con l’aiuto della versione consultabile in rete dell’Albo d’Oro ha permesso di rintracciare solo 388 militari. Del 30% residuo non ci sono notizie. Alcuni casi di omonimia sono stati esclusi perché erano diversi: il luogo della fine, Como; il motivo, malattia; la data di morte. 

Entrando maggiormente nello specifico c’è la conferma che il maggior numero di decessi è nella fanteria di linea con 276 soldati ovvero il 70% del totale. Tredici erano i “vecchi” della Milizia Territoriale, che con l’evolversi del conflitto sono stati sempre più presenti in prima linea. 

Tutti le altre specialità della fanteria, alpini, bersaglier, mitraglieri, granatieri e arditi aggiungono un 15% di feriti poi deceduti.

Gli artiglieri comprendenti della specializzazione dei bombardieri, nata a conflitto in corso, contribuiscono con un 6% dei caduti, grosso modo la stessa percentuale per tutte le rimanenti armi dell’esercito. 

Tre sono i Reali Carabinieri deceduti negli ospedali di Como, mentre sono ben dodici gli appartenenti alla Regia Guardia di Finanza. Tale numero è spiegabile per la folta presenza di militi durante la guerra, visto il timore dell’infiltrazione di spie dal confine elvetico. 

Sono invece 86 i distretti che malauguratamente hanno visto i loro coscritti morire a Como. Il 12% fa parte proprio del distretto di Como, molto distaccati con il 4% ci sono i distretti di Pistoia, Padova e Bologna, sopra invece le 10 unità si segnalano: Bergamo, Pesaro, Brescia, Firenze e Mantova, in ordine decrescente. Gli altri settantacinque distretti sono uniformemente rappresentati con una media di circa quattro caduti l’uno. Da segnalare anche la presenza di un cittadino della Repubblica di San Marino: il fante Sante Selva del 120° reggimento, deceduto il 2 novembre 1918, probabilmente volontario di guerra. 

La presenza di decessi successivi alla guerra può, in misura minore, essere determinata dalla malattia contratta da soldati di leva, ma non combattenti, curati a Como e deceduti.

Nulla si è ancora detto riguardo ai gradi dei Caduti: si tratta di militari di truppa con la presenza di un solo sergente e qualche caporale. Solo un paio risulterebbero morti fuori dagli ospedali cittadini, secondo l’Albo d’Oro dei Caduti, uno a Cernobbio e l’altro a Milano, in contrasto con il fatto che poi sono stati comunque sepolti a Como. 

Un'immagine dell'interno dell'Ossario di Camerlata (foto di E. Visconti). 
Da questa breve relazione si può ricavare che sono ancora incerte e frammentarie le informazioni ufficiali sui Caduti italiani della prima guerra mondiale. Il numero totale è ancora fonte di dibattito, considerando anche come furono depennati d’autorità i vari fucilati al fronte, i disertori o i suicidi, seppur con qualche distinguo. 

Per quanto riguarda le lacune specifiche dei Caduti presenti nell'ospedale di Como, si tratta probabilmente di una mancata trasmissione alle autorità militari sia nel periodo bellico sia nel primo dopoguerra quando ci fu un incremento esponenziale nello sviluppo di saggistica e di ricordo per questo argomento, con una forte enfasi dello spirito di sacrificio e dell’eroismo che si voleva esaltare in ogni modo. I vari diari di guerra delle brigate di fanteria inseriscono solo i nomi degli ufficiali caduti. Mentre nei diari dei singoli reggimenti, come il 154° Reggimento Fanteria, presente nella locale biblioteca, sono inseriti tutti i caduti, indipendentemente dal grado, ma non si è al corrente della presenza di altri diari per i singoli reggimenti e ricerche in questo senso hanno dato esito negativo. 

Tale mancata comunicazione non deve stupire dato che anche nell'archivio di Stato di Como non risultano comunicazioni al Ministero della Guerra dei soldati comaschi Caduti, nonostante la circolare che fu inviata nella prima metà degli Anni Venti dove si chiedeva di inviare il nome di tutti i Caduti: delle guerre risorgimentali, di quelle coloniali e della grande guerra. 

A cura di E. Visconti